Ci vuole molta fantasia a programmare una gita a Pavia durante l’inizio di maggio più freddo e piovoso della storia, ma l’importante è sapersi riscattare. In Piazza del Lino sorge il luogo che ha restituito alla giornata una parvenza di primavera.
Un bouquet di grissini artigianali compare sulla tavola in marmo, persa sotto i soffitti alti e l’atmosfera da ruggenti anni ’20. L’entree dello chef è un arancino mignon, la cui sapidità viene sferzata da una confettura di cipolle rosse. Altrettanto impeccabile è la frittura dell’uovo alla milanese. La sfera impanata, al contatto con la forchetta, erutta tuorlo che si riversa sulla julienne di porro bianco crudo, lambita da una fonduta di Grana Padano. La verdura disseta e conferisce una squisita nota sulfurea.
Il pescato del giorno è un triangolo di ala lunga (affine al tonno) appena scottato, il cui cuore succulento e ferroso trova contrappunto naturale nel purè di patate all’agro e i vegetali croccanti tzazimi e salicornia. La diplomatica di patate ai grani di senape conforta il palato con un calore familiare.
La curiosità di scoprire che cosa sia il “caleidoscopio” citato fra i dessert mi permette di sperimentare una macedonia davvero insolita. Un festone di frutti rossi, mela, fiori eduli, ma pure sedano e ravanelli, trafigge un anello di panna cotta al limone contrastata dal gelo della quenelle di sorbetto al mango, cui il crumble funge da selciato.
Insieme al caffè ci viene servito un distico di piccola pasticcieria quale gradito congedo. Due lamine di frolla alle nocciole sono unite da una crema al gianduia, che assume in bocca una consistenza setosa e avvolgente, simile alla seconda pralina, costituita da burro di arachidi ghiacciato in forma di ciambellina. Non resta che serbare questi attimi di piacere per farci coraggio durante la bufera.
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