Forse per i pavesi doc questa esperienza pantagruelica non sarà così rivelatoria ma io che sono forestiera stasera ho scoperto un angolo di casa. L’ustaria è incastonata nel Siccomario, un territorio ricco di tradizioni centenarie. Nel menu si leggono -anzi, si ascoltano- piatti originari, tra cui lumache, tonno di coniglio, pisarei e faso’.
Ci accomodiamo appartati sotto una veranda accogliente e a breve veniamo raggiunti dagli antipasti. La spadellata agrodolce di verdure e tonno servita fredda, croccante e saporita, è ideale per cominciare una cena estiva. Il crostino di pan brioche con burro e acciuga è invece un classico che fa sempre piacere gustare. Anche la polpetta al sugo merita una lode speciale perché mi ha riportata alla tavola della nonna. Sorseggiamo una Barbera decisa dalle scodelle, come una volta.
Provo pura gioia quando, dopo quasi due anni assaporo di nuovo dei piselli freschi. In forma di vellutata ho apprezzato tutta la dolcezza di questo vegetale squisito esaltata da alcuni elementi essenziali. Il medaglione di caprino conferisce corpo al piatto, mentre un accenno di menta disseta a ogni cucchiaiata. Infine, è delizioso intingere nella crema bocconi di miccone pavese.
Dal mio commensale ricevo spunti preziosi. Assaggio un petto di faraona tenerissimo completato da patate e scalogno caramellato, seguito da una cheesecake con coulis di frutti di bosco. Salutiamo l’oste con un grande sorriso e la promessa di tornare presto, prima di tuffarci nel buio denso della campagna.
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