Se siete tipi da esperienze forti, oggi ho qualcosa per voi. È un sabato sera come tanti, privo di eventi particolari, in cui bere qualcosa e cenare paiono le uniche opzioni. Ma nella vita -specie nella mia- le stranezze sono costantemente in agguato. Alle otto passate ci infiliamo nelle viscere di via Paolo Sarpi, che percorriamo fino alla metà, attratti dal capannello rumoroso davanti a “Cantine Isola”. Prometto un giorno di dedicare un articolo apposito a questo tempio del vino, intanto accontentatevi di sapere che a un Gewürztraminer “Rottensteiner” ho abbinato tartine con spinaci piccanti e pomodori secchi, nonché un baccello di fave fresche.
Il ristorante di cui intendo narrare, noto per le specialità mongole, si trova in una piazzuola appartata rispetto al corso principale. La veranda è affollata di gruppi di asiatici compiaciuti del pasto, l’atmosfera interna è soffusa, grazie a grandi lampade che illuminano solo i singoli tavoli. Ci accomodiamo uno di fronte all’altra, separati da un capace recipiente dorato e vuoto. Un ragazzo molto cortese recapita un foglio, sul quale dovremo segnare gli ingredienti desiderati per la nostra zuppa. Dico “nostra”, poiché, in affetti, saremo noi ad aggiungere le varie componenti. La scelta non è agevole e Google, quando il personale sfoggia un italiano approssimativo, rappresenta una guida indispensabile, tuttavia approdiamo a un’idea. Riluttanti consegniamo l’ordine: fonduta (brodo) “Beijing” di funghi, peperoncini dolci, noce moscata, aglio porro; funghi Enoki; agnello e pecora a fette; yam; radice di lotos. Qualche minuto e la pentola del tavolo viene accesa per versarvi il brodo. A ebollizione raggiunta bisognerà cominciare a inserire le pietanze, ora su vassoi separati, prestando attenzione alla cottura: cinque minuti le verdure, uno la carne. Video alle pareti mostrano la maestria con cui vengono trattate le materie prime, destinate alla clientela, pertanto osserviamo affascinati, mentre il calderone borbotta. Seguiamo le indicazioni e mano a mano preleviamo materiale con mestoli adatti (uno forato per i solidi, uno pieno per il liquido). Gli ovini conferiscono un gusto deciso all’insieme, benché esso, stemperato da tuberi (yam e lotus) e funghi, risulti in definitiva di un’armonia sorprendente. Pregevole è il fatto che, siccome l’impianto di riscaldamento resta attivo, la cottura prosegue in un divenire di sapore. Ogni ciotola assaggiata offre così una gamma di profumi inedita rispetto alla precedente. Usciamo dal locale satolli e felici, curiosi in futuro di provare nuove combinazioni (magari di pesce) oltre al BBQ, che sembra assai invitante. Un consiglio finale: tenetevi pronto un digestivo!
You may also like
gastro
, Italia
, locali tipici
, perle nascoste
, Piemonte