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gastro ,  Italia ,  Lombardia

Un posto a Milano

ByGiada Antonicelli
on 26 Marzo 2018
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È forse la prima vera domenica di primavera, illuminata da un sole smagliante che porta i termometri a 16°C: l’ideale per scorrazzare nell’amato quartiere milanese di Porta Romana. Dal titolo qualcuno potrebbe maturare il dubbio che io abbia dimenticato il nome preciso del ristorante, invece no, non sono ancora tanto smemorata, si chiama davvero così. Un titolo generico per un posto che di generico non ha proprio nulla. Ricavato all’interno di un cascinale “urbano” accoglie la clientela -molti milanesi, molti stranieri- con ampie sale, mattoni a vista, arredamento sobrio e minimale. Prenotare, nonostante fosse domenica, è stata una scelta provvidenziale, data la folla che occupava ogni tavolo disponibile. Veniamo guidate, mia mamma ed io, nella stanza del camino, dove ci accomodiamo sotto una finestra attraverso cui filtrano lamelle di sole tiepido.
Sfogliamo il menù. Ha l’aria di cambiare spesso, in base all’estro dello chef Cavallaro e delle materie prime, provenienti da produttori locali di fiducia, aspetto, questo, molto caro al Pantagruelico. Rompiamo gli indugi con un poker di assaggi-antipasto, accompagnati dai grissini e dal pane (multicereali, semintegrale e con pomodori secchi e olive nere) eccellenti sfornati dalla cucina. Nella figura dall’alto trovate mousse di baccalà, hummus di ceci, porchetta di coniglio e sarde in saor. Premesso che ho gradito ciascuna proposta, assegno la palma alla mousse, squisitamente vellutata e di grande delicatezza, e alle sarde, dove l’agrodolce della marinatura è calibratissimo, la cipolla stemperata, ma non spenta.

Il piatto principale, rana pescatrice in vaso cottura con olive capperi pomodorini e gamberi, colpisce davvero per la sua esecuzione. Il mare, arricchito dai frutti della terra, si conserva tutto, per esplodere aromi e profumi quando il vaso, che pare uno scrigno, viene aperto. La polpa dei crostacei e i tranci di coda di rospo posso gustarsi col cucchiaio, non servono coltello o forchetta con carni che si sciolgono in bocca. Ammirate, ci domandiamo come replicare a casa la ricetta, tuttavia concordiamo che la soluzione più logica sia affidarci agli specialisti. Già, ci toccherà proprio tornare.

Non posso finire l’articolo senza menzionare il progetto Cascina Cuccagna, strettamente legato a “Un posto a Milano”. Negli spazi dell’antico stabile agricolo infatti vengono organizzate, a cadenza settimanale, iniziative che interessano gli ambiti più vari, dal benessere alla cura dei fiori ai mercati ortofrutticoli. Oggi era la volta dell’esposizione artigianale di Carrousel Cuccagna e di un percorso per mente e corpo alla scoperta di shiatsu e sake.

https://www.unpostoamilano.it

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Tags: Cascina urbana, Pesce, porta romana
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Nata a Carate brianza nel 1997, si diploma al liceo classico e ora frequent a lettere antiche all’Università statale di milano. Adora scrivere poesie, romanzi (uno, “Lo squalo” e il secondo, "Qualcuno deve farlo smettere" pubblicati su Amazon) e racconti brevi. Ma non temete! Qui si dedicherà esclusivamente a un amore che non annoia mai: la gastronomia. O meglio, enogastronomia, visto che mangiare senza bere è un sacrilegio.

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Nata a Carate Brianza nel 1997, si diploma al liceo classico e ora, dopo la laurea in lettere antiche conseguita a Milano, frequenta la facoltà di linguistica teorica, applicata e delle lingue moderne all’Università di Pavia. Adora scrivere poesie, romanzi (“Lo squalo”, 2017 e “Qualcuno deve farlo smettere”, 2018) e racconti brevi. Ma non temete! Qui si dedicherà esclusivamente a un amore che non annoia mai: la gastronomia. O meglio, enogastronomia, visto che mangiare senza bere è un sacrilegio.

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