Riapre la stagione teatrale e il Pantagruelico risponde pronto all’appuntamento per coniugare cultura a cultura. Le tinte fosche di Riccardo II e Enrico IV sono preludio naturale all’esplosione vitale che ci attende oltre il Mar Egeo. Non serve un aeroplano, bastano metropolitana e pochi passi per varcare i confini libanesi, sotto l’insegna di “Fairouz”. Un uomo imponente e amichevole conduce me e Edo al tavolo in legno massiccio, finemente cesellato e ampio, base d’appoggio ideale al convivio. Intorno, un’allegria contagiosa sembra voler durare fino all’alba, incarnata nella danzatrice che tintinna su armonie esotiche.
Il menù, rigorosamente vegetariano, mette in seria difficoltà chi, come me, adora ogni singolo ingrediente citato: spezie, legumi, yogurt, verdure le più varie. Alla fine risolviamo la “crisi dei mezzeh”, ordinandone di caldi e di freddi, in modo da popolare degnamente i piatti dipinti che ornano la tavola. Le note accese, particolarissime di un vino rosso libanese riempiono l’attesa e accrescono l’aspettativa, finché uno stormo di scodelle profumate non si posa sotto i nostri occhi.
A colpire sono tanto l’insieme quanto la singola preparazione. Ci serviamo con ordine, quindi cominciamo il cammino. Le falafel -polpette fritte di ceci- racchiudono nel guscio fragrante una polpa morbida e tiepida, lievemente piccata dalla salsa di yogurt.
Le Kufta -sfere di fave e farro al forno- sono uno scrigno pastoso di spezie dal cuore purpureo, che mi conquista.
Nel riso basmati si riunisce la gamma completa dei sapori mediorientali addolciti da un pugno di arachidi tostate.
Giungo così alle creme che ci spingeranno a chiedere un secondo cestino di nan -pane piatto, morbido e fumante. Alternare fuoco e acqua, ossia la piccante Mohamara -con peperone rosso, tahina, pistacchi, noci e pangrattato- alla più delicata Moutabal- con melanzane arrostite e affumicate con tahina e freschi chicchi di melograno- diventa quasi uno sport dal quale si esce rigenerati. Un caffè arabo con il fondo agrumato dato dal cardamomo è l’ultimo sfizio prima di salutare Isam, il padrone di casa, l'”uomo imponente e amichevole”.
Riparto allora dal Medioriente in uno stato di pace quanto mai surreale.