Tornare nei luoghi visitati da bambini è singolare, a volte ci si ricordava che fossero più grandi, più poetici, pieni di gioia e si rimane delusi. In altri casi, però, va diversamente. Ieri sera camminavo dietro al Duomo di Pavia, quando un’insegna attrae la mia attenzione: Hostaria il Cupolone. Ha qualcosa di familiare, il carattere innanzitutto, che deve essere lo stesso di un vecchio bigliettino in cui m’imbatto periodicamente per casa. L’ingresso emana tepore, le sale gremite ispirano fiducia e ci convincono a prenotare. Appena entro, rivedo il tavolo dove ho pranzato molti fa. Nella mente conservo l’immagine nitida, dalla quale, tuttavia, manca il piano superiore. E proprio qui ci fanno accomodare, al termine di una scala stretta, che culmina in una stanza dai tavoli spaziosi. I mobili in legno, le ciotole per il vino, i piatti dipinti del “servizio buono”, così come il menù omaggiano l’idea di una vera osteria. Ho detto l’idea, perché nulla di ciò che viene servito è grossolano.
Cominciamo con un poker di verdure, composto da carotine all’agro con cipolla croccante, patate arrosto agli aromi, fagiolini -una varietà chiara e impalpabile- con erbe e pomodorini e infine le mie preferite, le cipolline borettane al balsamico, dolci e turgide a puntino. Sorseggio un Pinot Nero vinificato in bianco dell’Oltrepo pavese (servito nel calice, non nella ciotola), che bene si presta, in virtù della sua struttura, alla portata successiva. La crema di ceci offre uno sfondo vellutato ai bocconcini di rana pescatrice, che vi sguazzano, morbidi e delicati, come stessero ancora nel mare. Il pesce si scioglie nella sua infarinatura agrumata, esaltando le note profumate del rosmarino e dell’extravergine. Ogni boccone avvolge il palato e rinforza in me quella prima memoria di bambina curiosa. L’ambiente caloroso invita a conversare, bere lentamente, così è gradevole indugiare a lungo, prima di affrontare questa notte autunnale.
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