Quando ci si accomoda da Particolare, non occorre molto tempo per rintracciare la corrispondenza tra nome e ambiente: nella sala allungata i tavoli sono tra loro ben distanziati, apparecchiati in modo impeccabile; in un cestino il pane casereccio, bianco e integrale, e i grissini artigianali sono disposti con ordine; il menù è intessuto di dettagli, pennellate estrose che aggiungono sfumature di senso all’ingrediente principale.
La purea di zucca e amaretti offerta dallo chef si rivela in continuità con l’antipasto. Tentacoli di polpo impalpabili intingono la loro superficie croccante in uno sprazzo vivace di zucca. Una pioggia di cenere rievoca la brace, mentre i coriandoli di crudo aggiungono sapidità non banale a un insieme che sfugge alle categorie di terra e di mare.
Lo stesso si può dire della portata seguente. Un velo di risotto al Parmigiano compone nel piatto un disco quasi lunare. Sul fondale neutro, latteo, esplodono note cromatiche e gustative. Ora il verde della polvere di pesto, ora l’incarnato corallino dei gamberi di Mazzara, ora le gocce candide di creme fraîche. Sul palato si produce un effetto composito, in cui la tartare di crostacei -dolce, ma anche corposa- viene punta dalla panna acida, mentre l’essenza di basilico si scioglie nell’amalgama perfetto raggiunto durante la mantecatura. Individuare i particolari diventa un gioco che preferisco smettere presto, così da abbandonarmi all’armonia tra le parti.
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