Scoperto in estate mentre viaggiavamo verso il lago, il mio ragazzo ed io abbiamo decantato questo luogo, impensabile nella sua collocazione lungo la squallida Nazionale dei Giovi, a mezzo mondo. Il compleanno di mamma Tiziana mi ha di recente fornito la scusa ideale per dimostrare quanto affermavo. L’Osteria della Pioda è ricavata entro un cascinale del Seicento, fatiscente all’esterno, ma curato e pulito nelle sale. L’arredamento è quello di una volta, rustico, mattoni a vista, stufe a legna, tavoli e sedie massicce. Il menù non esiste, o meglio, è un’entità mutevole che prende forma una volta alla settimana su due lavagne (una per locale), esibite a beneficio dei clienti. La costante è rappresentata dalla territorialità di ogni ingrediente, di provenienza rigorosamente lombarda, e in particolare valtellinese. Pezzo forte sono infatti i pizzoccheri tirati a mano, le pappardelle di saraceno con ragù di carne variabile, nonché i dolci casalinghi che spaziano dai prodotti da forno ai semifreddi. Del resto il pane, escluso il casereccio di Altamura, viene prodotto artigianalmente dalla cucina, contemplando l’integrale unito a squisiti impasti al latte e aromatizzati alle erbe, alla barbabietola, al formaggio, tanto per portare qualche esempio. I titolari sono molto disponibili, pertanto, se la curiosità vi punge, non esitate a chiedere e vi spiegheranno ogni dettaglio delle preparazioni. Oltre allo sfuso della casa, la cantina ospita pregiate etichette autoctone, Inferno, Grumello, Sforzato, Valtellina Superiore, sono le parole d’ordine che condiranno il vostro pasto.
Alcune precisazioni: il maiale è stato realizzato in doppia cottura, ossia dapprima in padella, dove ha ricevuto il “bagno” nel miele, quindi in forno per bravissimo tempo, affinché rimanesse tenero e rosato. La bresaola è ottenuta rigorosamente da carni adulte, non congelate.
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