Qualche settimana fa ho assistito a una rassegna teatrale. Ogni mattina e ogni sera, lungo la strada da e per la metro indugiavo in via Orti dinanzi a un locale dall’aspetto singolare, metà cocktail bar, metà ristorante. M’ispira pensavo, forse ad alta voce, devo provarlo. E di nuovo il teatro mi è venuto in soccorso, quando con Edo abbiamo prenotato due biglietti per sabato sera al Franco Parenti, a neppure un chilometro dal bersaglio. Purtroppo non c’è stato il tempo per un bicchiere alla nostra enoteca di fiducia, di cui conto di raccontarvi presto, ma ci saremmo consolati più tardi. Lo spettacolo mette un certo appetito e le gambe mulinano gioiose verso la prospettiva di esplorazioni gastronomiche da “Lacerba”.
Tanto è conviviale la zona bar, quanto intime appaiono le volte basse dove viene servita la cena.
Il nome scritto sull’insegna è confermato da riproduzioni di opere di Boccioni e di alcuni manifesti futuristi, che innescano un bel contrasto con l’atmosfera riposante della sala. Alle mie solite domande puntigliose il cameriere risponde con competenza e simpatia, consigliandoci un Lugana molto appropriato alle pietanze ordinate. Nel menù proposte tradizionali, quali la cotoletta alla milanese, si mischiano a guizzi in stile futurista e ingredienti meno triti, come la cernia. Intrigata dalla cottura “al punto rosa”, opto per la scaloppa di ricciola. L’attesa è spezzata da un graditissimo amuse bouche, una sfera fritta di parmigiano e pecorino intinta in una crema agli asparagi. Croccanti all’esterno ma dal cuore vivo, simili a due faraglioni, i trancetti di pesce stanno in equilibrio su una ratatouille di finocchi, zucchine, peperoni, carote adagiata sopra una coulis di finocchi e topinambur. Il gusto è arricchito da una spruzzata di timo, la vista sorpresa dai fiori eduli che incorniciano la composizione.
Nulla resterà di tale bellezza, grazie anche al valido aiuto offerto dal panfocaccia fatto in casa.
Troppe suggestioni e curiosità da soddisfare perché in tempi brevi non si compia un secondo blitz (per dovere di cronaca, s’intende).