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Francia ,  gastro ,  locali tipici ,  perle nascoste ,  reportage ,  Senza categoria

La belle epoque

ByGiada Antonicelli
on 2 Agosto 2018
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Intorno a te la spiaggia si svuota, così guardi l’orologio e segna le diciannove passate, mentre l’hotel dista due ore d’auto. Non resta che setacciare la via del ritorno in cerca menù intriganti. Stavolta la scoperta in quel di St. Omer si deve al mio ormai navigatissimo compagno di viaggio. Prenoto, stupendomi dell’accento British sfoggiato dal capo opposto del telefono. Che la Manica passi anche tratti linguistici insieme ai pendolari? Il nome “Belle epoque” lascia spesso delusi a causa del gran numero di caffè e bistrot che ne usurpato impropriamente il potere evocativo, tuttavia nel caso che vi presento oggi il luogo non potrebbe chiamarsi altrimenti. Rosso dominante, luci d’ottone, vasti specchi dipingono un quadro che non sfigurerebbe nell’atelier di Toulouse Lautrec. Perfino le toilette s’intonano al contesto, grazie a boccette di profumo e salviettine di spugna a beneficio dei clienti. La carta dei vini è costituita dall’etichetta apposta alla bottiglia di Bordeaux -vuota purtroppo- che funge da segnatavolo.Opto per il finale secco di un Muscadet, cui presto si uniscono davanti a noi il Bordeaux di Edo e salatini di sfoglia artigianale aromatizzata a timo e finocchio. A ogni occhiata l’arredamento rivela dettagli inediti, tanto che il servizio delle pietanze ci coglie quasi alla sprovvista. Il cuore di merluzzo che degusto ha abbandonato il mare da poche ore per tuffarsi in uno squisito intingolo a base di agrumi, erbe e olio evo. Un grappolo di ciliegini confit e un tortino di riso spadellato alle verdure completano la geometria e la gamma cromatica della composizione, la quale, così distribuita su un piatto di vetro, pare galleggiare a pelo d’acqua.Affondare il cucchiaio nel cuore fondente di un tortino al cioccolato e rinfrescarsi con gelato al caramello suggella una cena sontuosa all’insegna del fait-maison. Kate, proprietaria e factotum di sala, descrive con semplicità la cucina del marito Cédric, fautore, salvo rare eccezioni quali il magret de canard, di ingredienti a chilometro zero assemblati secondo tradizione.  E a giudicare dalla quantità di mercati agricoli e fattorie incontrati lungo il tragitto odierno, immagino non sia arduo per lo chef mantenere il proposito. Ci congediamo da questa coppia di ristoratori appassionati, consapevoli che la strada da percorrere, ora, sarà più leggera.

http://www.labelleepoquesaintomer.fr

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Tags: Brasserie, Pesce, Retrò
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Nata a Carate brianza nel 1997, si diploma al liceo classico e ora frequent a lettere antiche all’Università statale di milano. Adora scrivere poesie, romanzi (uno, “Lo squalo” e il secondo, "Qualcuno deve farlo smettere" pubblicati su Amazon) e racconti brevi. Ma non temete! Qui si dedicherà esclusivamente a un amore che non annoia mai: la gastronomia. O meglio, enogastronomia, visto che mangiare senza bere è un sacrilegio.

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Nata a Carate Brianza nel 1997, si diploma al liceo classico e ora, dopo la laurea in lettere antiche conseguita a Milano, frequenta la facoltà di linguistica teorica, applicata e delle lingue moderne all’Università di Pavia. Adora scrivere poesie, romanzi (“Lo squalo”, 2017 e “Qualcuno deve farlo smettere”, 2018) e racconti brevi. Ma non temete! Qui si dedicherà esclusivamente a un amore che non annoia mai: la gastronomia. O meglio, enogastronomia, visto che mangiare senza bere è un sacrilegio.

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