Sembra impossibile, quando per una serie di fortunati eventi riesci a divincolarti dalla routine e uscire e avere l’impressione di incontrare il mondo. È utopico, come utopico era lo stato sospeso a mezz’aria tratteggiato da Aristofane ne “Le Nuvole”. Perdonatemi questa incursione classica, ma non ho potuto evitare il collegamento, entrando in questo cantuccio delizioso del quartiere Isola. Di nuovo: “nuvole”, “isola” evocano luoghi non-luoghi paradisiaci. L’idea è concedersi un intermezzo madre-figlia nel buio ruggente del giovedì milanese. Le premure impeccabili del personale lasciano a noi la sola incombenza di scegliere da un menù molto variegato, da cui traspare una vocazione orientale. La carta dei vini, ampia e sofisticata, contiene un’apposita sezione per le etichette al calice. Dopo un duplice assaggio, preferiamo il boccato confortevole di una Ribolla “Simcic”. La competenza di chi serve si mostra elevata e denota non solo una preparazione teorica: la conoscenza diretta dei piatti è evidente e aggiunge valore ai suggerimenti.
L’amuse-bouche mi conquista per due motivi. Innanzitutto perché adoro quando lo chef dà il proprio benvenuto, in secondo luogo mi ha permesso di sperimentare per la prima volta il tofu. Questa versione mantecata al limone e zafferano con sesamo e grano saraceno è una spuma sorprendente, da gustare al cucchiaio.
Mantecatura che si conferma eccelsa anche nel baccalà d’antipasto. La delicatezza acidula delle quenelle stemperata dal pane di mais si accosta alla paprika affumicata e alle gocce di wasabi, che aumentano frequenza e temperatura dell’insieme. Un equilibrio calibrato dove non manca il croccante, assicurato da sesamo e saraceno.
Se le precedenti portate presentevano tra loro affinità, il secondo se ne discosta in modo deciso. Il pavè di ricciola, cotto quasi a vapore, rimane succoso eppure compatto. Le note forti si sprigionano dal crumble aromatico, di cui la composizione è cosparsa, nonché dal contorno di asparagi in duplice forma di salsa e ortaggio intero, mirabilmente tostato.
La cifra distintiva della presentazione risiede nella apparente casualità con sono disposti gli elementi, capace di restituire un aspetto selvaggio, come se gli ingredienti fossero stati appena strappati alla natura.
Ormai prossimo all’ora di chiusura, Davide, il responsabile di sala, raccoglie i nostri complimenti, sottolineando l’influenza che studi da agronomo e contatti con colleghi dell’estremo Oriente hanno esercitato sullo stile dello chef.
Se è vero che non si dovrebbe avere la testa sulle nuvole, chi si avvicina a “Sulle nuvole” non esiterà a lasciarvi lo stomaco.