Oggi vi racconto di una serata speciale e del luogo che ha saputo regalarle un’aura di magia. Per il nostro secondo anniversario Edo e io abbiamo riflettuto a lungo. Certo, dover festeggiare di mercoledì, dopo una faticosa giornata, non ci allettava troppo, ma le tradizioni vanno rispettate. “Il chiostro di Andrea” mi ronzava in testa dalla prima occasione in cui di sfuggita ne avevo letto nome, perciò, ci siamo detti, perché no? La zona, neanche a specificarlo, è Porta Romana a Milano, eppure nulla mostra di quel brulichio mondano caratteristico del quartiere. L’ingresso va davvero cercato nella selva dei chiostri di San Barnaba curati dall’associazione “Umanitaria”. Il silenzio placido di queste volte trasporta in un’altra dimensione, quasi mistica, destinata ad essere completata dall’esperienza gastronomica. Tra le infinite porte del porticato ci infiliamo, titubanti, in quella giusta. Possiamo scegliere il tavolo, il più appartato nella sala deserta delle cene infrasettimanali. La musica come l’illuminazione è soffusa, trasmette agio. Il menù non è composto da portate, bensì da “sganigni” (“snack” in milanese) raggruppati a seconda che si avvicinino più al genere degli antipasti, dei primi o dei secondi. Dietro consiglio del maitre ne ordiniamo tre a testa, insieme a un rosso del Trentino.
Nell’attesa si materializzano in tavola pane, grissini e focaccia del fornitore di fiducia, seguiti da un poker di amuse bouche sensazionali. Ogni pasticcino un boccone, ogni boccone una scoperta: chips di mais con crema di ceci ciuffo di pomodoro; cilindro di pasta soffiata ripiena di spuma di baccalà mantecato; tartellette con mousse bicolore di fave e pecorino; cubetto di gelatina di mela con fois gras, composta di cipolla e scheggia di patatina. Riservo un elogio particolare alla delicatezza del baccalà e alle tartellette, che si distinguevano per l’effetto cromatico bianco-verde e la fragranza della frolla salata. Squisito il connubio tra mela e fois gras.
Ormai la curiosità di “sgagnare” è salita alle stelle e viene soddisfatta appieno dall’assaggio di apertura: tartare di gamberi di Sanremo, piccoli e dolci, reticoli al nero di seppia, lattuga bruciata e verde allo zenzero, che lancia una sfida pungente agli accenni di salsa rosa.
A stupirmi davvero è però il piatto intermedio. La crema di fagioli, vellutata, è animata dai tubetti croccanti di pasta soffiata, ma soprattutto dalla convivenza di seppioline in umido e trippa fritta, in continuo alternarsi di consistenze. L’aglio dolce instaura un’armonia di fondo, senza persistere sul palato in modo sgradevole.
La conclusione costituisce una conferma ai piaceri che l’hanno preceduta. Il pavé di lucioperca acquista corpo dalla salsa al brasato, mentre il purè di zucca mantovana unito alla polenta fritta arrotonda i sapori.
Termino con una macedonia improvvisata e una chiacchierata col maitre, che mi illustra al meglio la filosofia sua e dello chef Andrea Alfieri. Ancora un mese e serviranno all’aperto nel chiostro, annuncia. E per allora io risponderò: “Presente!”.
Ciao ottima recensione, potresti dare un’indicazione sui prezzi?
Degustazione 3 sgagnini 36€, 4 sgagnini 46€, alla carta non oltre 18€ a piatto.